14/03/13

Bisognerebbe non avere peli sulla lingua

Amo le persone educate.
Purtroppo sembra che la buona educazione da regola base sia diventata tabù. Nel senso che ormai in giro è pieno di gente maleducatissima. Il risultato è che diventi schizzinosa anche se non lo sei. E che ti scandalizzi come una vecchietta anche se di norma sei di quelle che non le tocca nulla, figuriamoci qualche strappo alle buone maniere. Eppure divento pazza se qualcuno mi passa davanti in coda dal salumiere (credo che il mio sia l’unico rimasto al mondo che non consegna i numerini, lui sì che è un fiducioso dell’educazione); non sopporto chi parcheggia abusivamente nel posto degli handicappati; non reggo chi urla nel telefono quando si viaggia in treno. Di cose così potrei elencarne e a dozzine. Eppure… a volte invidio la libertà dei maleducati. Mi hanno insegnato che non si parla mai di soldi, e va a finire che non ti paga nessuno, e di sesso, e su questo sono d’accordo, meglio farlo che raccontarlo. Sono cresciuta con la convinzione di dover diventare una donna indipendente e cosa succede? Tocca a te pagare il conto, portarti le valige pesanti, guidare nella notte, non accettare un passaggio per non portare fuori strada e così farti chilometri a piedi. Altro elenco infinito. Evidentemente soffro di un tabù: quello del silenzio. Forse mi confondo, e la buona educazione non c’entra nulla col tacere quando invece bisognerebbe parlare. È che scatta una sorta di timidezza, il non voler offendere. O, più semplicemente, ci sono episodi che ti lasciano annichilita e ti tolgono le parole. Ecco qualche esempio.

Esempio numero uno
Mi chiama questo tizio, a dire il vero simpaticissimo, e mi invita fuori. Dove andiamo? Chiedo io. Potremmo fare un cinemino e prima, visto che siamo a stomaco vuoto, ti porto a mangiare un panino buonissimo. Ok, è fatta. Viene a prendermi, mi citofona, mi aspetta al portone, mi apre lo sportello (mi viene sempre in mente la tremenda canzone di Baglioni “Tu come stai” in cui lui si chiede chi apre ora lo sportello alla sua ex, è una parola orrenda per una canzone romantica), mi fa scegliere il film. Direi un signore. Tutto perfetto, ma cosa ordina? Panino con la cipollata. Al momento non ci ho fatto caso, ma provate voi a stare seduto al cinema di fianco a uno che ha appena mangiato un chilo di cipolle. Per fortuna non avevo nessuna intenzione di baciarlo. E per mia sfortuna non ho avuto il coraggio di dire niente e di spostarmi di un paio di poltrone. Non mi sembrava carino. Risultato, appena usciti in strada gli ho vomitato sui piedi. Oggi è uno dei miei migliori amici. Morale della favola: se avessi parlato mi sarei evitata una figura di merda, ma forse non avrei trovato un amico (e si sa, per noi ragazzi degli anni Sessanta, chi trova un amico trova un tesoro).
 
Esempio numero due
Da ragazzina ero molto carina, avevo un sacco di spasimanti, ero simpatica, molto perbene, buffa e educatissima. E poi, a vedermi oggi non si direbbe, andavo a scuola dalle suore. Anche dieci anni dopo ero un po’ meno carina, avevo ancora molti spasimanti, ero simpatica, sempre molto perbene, ancora più buffa e educatissima come da copione. E i ragazzi si prendevano della gran cotte, ma, al momento di concludere mi dicevano che io ero una ragazza da sposare, non da scopare. La mia educazione, buona ma un po’ bacchettona, mi ha portato a credere per anni che fosse un complimento. Col senno di poi mi sento offesissima, avrei dovuto mandare a quel paese i rispettosissimi maschi che non gradivano. Oppure dire che si sbagliavano, che non avevo nessuna intenzione di sposarmi (mai) ma nemmeno di morire vergine. Pazienza, in fondo sono ancora di quelle che il sesso solo con chi si ama.
Morale della favola: non mandate le vostre figlie dalle suore e lasciate che facciano un po’ come gli pare, con parsimonia.

Esempio numero tre
Avevo questo amatissimo fidanzato, un po’ bastardo in verità. Non tirchio (non ho mai pagato un conto al ristorante o un pieno di benzina). Direi piuttosto attento. Comunque questo signore mi regala un paio di sci per Natale e venti giorni dopo, per il mio compleanno, si presenta con un pacchetto. Lo apro: dentro, una sacca per scarponi vuota. Tesoro, mi dice, come sai gli scarponi vanno provati, non mi sono arrischiato a comprarteli io per non sbagliare. Ha ragione, chiunque scia sa bene che nessuno può azzeccare gli scarponi di qualcun altro. Così il weekend successivo si va in montagna. Mi porta nel negozio di un suo amico, mi fa provare una serie di scarponi e insiste perché scelga i più cari. Io, appunto vittima della mia educazione, nicchio, cerco di non fargli spendere troppi soldi. Alla fine accetto. E’ il suo regalo, mi dico, se ci tiene tanto per me va bene. Arriviamo alla cassa e, indovinate un po’ chi ha pagato? La sottoscritta, stupida e cretina. Il mister generosità si era completamente dimenticato che quello era il suo regalo. E io non ho avuto il coraggio di ricordarglielo.
Morale della favola: fatevi pagare, sempre e comunque, tutti i conti, senza vergogna.

Esempio numero quattro
Ai tempi del liceo davo ripetizioni di latino e greco (un imbrioglio, ero una bestia a scuola, ma sono riuscita a far promuovere bestie più bestie di me) e facevo la baby sitter. Mi capitava di dormire a casa dei miei baby perché i genitori spesso erano via per lavoro. Un giorno rientrano da un viaggio all’estero presto al mattino e facciamo colazione tutti assieme. Io a quell’ora mangio solo due yogurt. Quindi ci sediamo a tavola e io mi ficco in bocca una cucchiaiata di yogurt: rancido. Credevo di morire. Ho fatto finta di niente e ho ingurgitato il resto cercando di sorridere e di non sputarlo nel piatto. Ho lasciato stare il secondo vasetto così se lo prende la ragazzina a cui insegnavo il latino, ne assaggia uno zic e si mette urlare che schifo! Infatti era scaduto da un mese. A quel punto si sono girati tutti verso di me con aria interrogativa e io: il mio era buonissimo. Devono avere pensato che fossi pazza o soffrissi di una grave deficienza gustativa. Insomma, l’ennesima figura da fessa.
Morale della favola: mangiate sempre e solo quello che vi piace, liberatevi dal tabù di dire sempre sì.

Di contro, sono una gran chiacchierona. Sono curiosa, mi piacciono le vite degli altri. E, se e quando posso, me le faccio raccontare. Certo, la cosa può avere delle controindicazioni. Come quella volta su un taxi. Salgo e il tassista è un trentenne direi normale con un orrendo taglio di capelli e un ancor più orrendo giubbotto. Com’è come non è, finiamo con lui che mi chiede un parere: secondo lei perché le donne sono tutte stronze? Mi chiede. E mi fa l’esempio di una sua uscita con una ragazza che gli piaceva un sacco e bla bla bla ma poi non ha concluso nulla. Insomma, lì non ce l’ho proprio fatta e ho dovuto dirgli di cambiare pettinatura e di mettersi, magari, una bella giacca. Insomma, mi è toccato accompagnarlo dal barbiere e a comprarsi dei jeans nuovi. Gli ho rifatto il look, sono arrivata in ritardo al mio appuntamento ma non ho pagato la corsa.
Morale della favola: non so se è meglio tacere o parlare.
Sicuramente è molto più divertente ascoltare. E contravvenendo alla buona educazione di cui sopra, io ascolto sempre i discorsi dei vicini: tram e ristoranti sono i luoghi migliori dove farsi gli affari altrui. Così mi succede di fare delle figure tremende con gli amici a cena (tanto con loro si parla sempre delle stesse cose, se per una volta non ci sono pur essendo seduta lì non cambia molto) che però poi godono dei miei racconti.  E mi è successo di arrivare fino al capolinea del 23 (dieci fermate dopo la mia) per vedere come andava a finire una conversazione. Il problema e che mi viene sempre voglia di intromettermi, e a volte lo faccio, quando vedo che la situazione lo consente. Dico la mia e sparisco. Morale della favola: molliamolo questo tabù del silenzio, purché non si parli a sproposito.
Ps: perché non ci raccontate di quella volta che avete parlato troppo o non avete parlato affatto?

07/03/13

Cosa vuol dire essere senza tabù?

Mi sono sempre ritenuta persona libera e, soprattutto, curiosa delle libertà degli altri. Vittima da sempre di una buona educazione che mi impedisce di parlare di sesso e di soldi, ma non di farne e di spenderne. Infatti non sopporto chi parla troppo di entrambi, mi mette profondamente in imbarazzo. Avrò forse dei tabù? Probabile, ma chissene. Fregarsene di un sacco di cose è  già un buon inizio per abbattere i tabù, ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia dalla quale ho imparato una grande dote: il senso dell’umorismo che è in grado non solo di scardinare, ma di distruggere tanti tabù.
Bisogna dire che con questa mania dei social network e che tutti ti raccontano i fattacci loro secondo per secondo ormai trovare un tabù è cosa rara e bella.
Faccio qualche esempio


Primo tabù
Mai ammettere di essersi sottoposti a intervento di chirurgia estetica.
E chi l’ha detto? D’accordissimo, purché non si cada nel grottesco. L’altro giorno a un funerale, dove ormai noi cinquantenni ci incontriamo spesso e non volentieri, e socializziamo (conosco due che si sono fidanzati con la scusa di un bicchierino consolatorio, caduto anche il tabù del rispetto per il morto, ma tanto loro non ci sono più e se da lassù vedono magari gli fa anche piacere aver fatto da cupido), dicevo, l’altro giorno a un funerale incontro una vecchia amica. Come va, come stai, brutto incontrarsi solo in queste occasioni e bla bla bla. Ti trovo bene sembri una ragazzina, dico io. Certo, risponde lei, ho fatto la blefaro (che per chi non lo sapesse trattasi di blefaroplastica, in parole povere una operazione alle palpebre che toglie rughe e borse sotto gli occhi e ti ridà lo sguardo dei vent’anni). Ma vi pare una risposta da dare? Mi veniva da ridere. Che, per quanto si sia persone senza tabù, ai funerali bisognerebbe mantenere un certo contegno. E mi è tornata in mente una conversazione di un mesetto prima. Incontro un’altra amica, ci si saluta e ancora prima dei convenevoli lei, un po’ seccata, mi dice: non noti nulla? Certo, hai cambiato pettinatura (normalmente funziona). Macchè, ho fatto la blefaro. Francamente mi sembrava uguale a come la ricordavo. Ma lei era così felice… Ora, probabilmente è diventato un vanto spiattellare la blefaro come fosse un accessorio firmato. Che, essendo firmato, si spiattella già da solo. Non dico di nascondere la cosa ma che so, parlarne dopo qualche minuto di conversazione, giusto se si va sull’argomento.


Secondo tabù
Parlare di menopausa.
D’accordo farlo fra amiche. Ma l’altra sera a una cena ero a un tavolo di quasi tutti uomini quando una (simpaticissima a dire il vero) signora se ne esce con questa cosa della menopausa, la sua. Io stavo male dal ridere ma non potevo sputacchiare sushi da tutte le parti. I miei vicini erano imbarazzatissimi, anche perchè tagliati fuori dalla conversazione. E fra un racconto di scalmane e un altro di sbalzi di umore ne siamo comunque usciti indenni: consigliandole di tirare comunque giù i finestrini della macchina anche d’inverno e mettersi nel caso una sciarpa, abbiamo iniziato a parlare di automobili da corsa. (in foto Iris Apfel)

Terzo tabù
Ammettere di essere disoccupati.
O comunque di avere ben poco da fare, quindi pochi soldi e ancora meno buone idee. Di questi tempi è argomento di tristi conversazioni ma, per fortuna, anche di ottime battute.


Quarto tabù
Vergognarsi di inventare stupide battute.
L’altro giorno con il Ciro ci siamo ammazzati dalle risate. Ecco la barzelletta inventata da noi. Un giornalista intervista Michelle Obama. Che cosa avrebbe fatto se suo marito non fosse stato rieletto? Niente, avrei preso Barack e burattini e sarei tornata a Chicago.

Insomma, avrete capito che questo blog è fatto per cazzeggiare. Ma sarà pieno anche di notizie e consigli interessanti  (almeno spero lo siano per voi) e senza tabù ovviamente.
Tipo
Leggete “Le affinità alchemiche”, edito da Mondadori. Normalmente non consiglio mai libri che non ho letto ma già tre persone fidate me lo hanno segnalato. Gaia Coltorti, vent’anni, al suo esordio letterario, scrive un nuovo Romeo e Giulietta abbattendo il tabù dell’incesto. Appena torno da NY me lo compro, lo leggo e vi saprò dire. Invece ho appena finito “Innamoramenti”, Javier Marvas, Einaudi, romanzo rosa intellettuale (cade anche il tabù del romanzetto per signora stupido e banale) e “Giornata ideale, per un matrimonio”, Julia Strachey, Bur, illuminante per stroncare il tabù della timidezza: meglio dire quel che si prova. Se non lo si fa si rischia di rovinarsi tutta la vita. E, visto che il libro è stato scritto nel 1932 c’è da pensare, con immenso sollievo, che la natura dell’uomo non cambia mai. Nonostante la tecnologia che incombe.

Comunque la prossima puntata di MicTic sarà tutta sulla moda, terrificante ossessione di molti in giro per il mondo. E, visto che da queste parti sono banditi i tabù, vi farò vedere il mio disordinatissimo guardaroba. Non che non me ne vergogni…
alla prossima

Michela Gattermayer
(visto? sono senza tabù, non mi vergogno delle scemenze scritte e future)
ps: chi volesse scrivere dei propri tabù o, semplicemente partecipare al mio cazzeggio, può farlo qui sotto….